Riforma.net
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About Riforma.net
Former one word, brandable domain representing Riforma - Italian online newspaper of the Baptist, Methodist and Waldensian evangelical churches in Italy. Numerous other articles and writings on the reformed evangelical faith are accessible on the past website.
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La Riforma in Italia
Anziché parlare di Riforma in Italia, bisognerebbe parlare di antiriforma, nel senso che in Italia non si produsse quel fenomeno di rinnovamento religioso e sociale che si registrò in altri Paesi, bensì una reazione volta alla conservazione. I motivi per cui la Riforma non si verificò furono senz'altro numerosi, ma ciò non significa che l'Italia fosse rimasta estranea ai fermenti di rinnovamento che si andavano affermando un po' dovunque in Europa. La storiografia recente è ormai in grado di documentare tutto un fiorire di reazioni alla religiosità cattolica dominante, che si esprimevano attraverso le conversazioni private, la predicazione (anche se talvolta "mascarata"), la stampa di testi in lingua volgare, la circolazione di libri. Nel XVI secolo, il bisogno di salvezza e di rinnovamento toccò un po' tutte le regioni italiane e tutti i ceti sociali, a cui appartenevano donne e uomini, umili e illustri, ansiosi di veder risplendere la luce dell'Evangelo. Tra i fattori che contribuirono a soffocare la Riforma in Italia si possono evocare: la presenza oppressiva dell'Impero spagnolo, che, come un rullo compressore, imponeva la civiltà cattolica a gran parte del mondo e all'Italia; la volontà di autoconservazione dei vari principati repubbliche allora esistenti sul territorio italiano, che li rendeva estremamente guardinghi e timorosi di ogni possibile cambiamento; l'incapacità dell'aristocrazia di sottrarsi agli interessi del proprio "particulare" ("Se non fosse stato per lo mio particulare, io mi sarei stato con Martino Lutero per liberare l'Italia dalla tirannide di questi scellerati preti" — Francesco Guicciardini); la situazione culturale, che, a differenza di altri Paesi europei, aveva visto l'affermarsi dell'umanesimo non in concomitanza con la Riforma, ma prima di essa, e registrava quindi una sua autonomia; la confusione dottrinale, che doveva registrare, accanto alla presenza riformata vera e propria, anche tendenze spiritualistiche, radicali ed ereticali, senza possibilità di chiarificazione; infine, l’azione repressiva della Controriforma. Tutti questi elementi contribuirono a smorzare sul nascere un movimento di ampia portata e a riversare in altri Paesi europei importanti energie di spiritualità e di ingegno. Viene da chiedersi se gli atteggiamenti che ancor oggi si continuano a registrare in Italia in merito alle questioni di fede non siano in parte collegabili ai fattori che impedirono la Riforma nel Cinquecento. L'attenzione sembra infatti destarsi solo quando sono toccate questioni formali, mentre, per quelle di sostanza, sembra prevalere una certa reticenza.
In ogni caso, nel Cinquecento, migliaia di persone dovettero pagare con la propria vita la fedeltà all'Evangelo. I rigidi controlli, il fenomeno del «nicodemismo» [tendenza a voler tenere nascosta la fede, per timore del martirio o dell'esilio —N.d.R.], gli spietati processi, le condanne esemplari e i martiri riuscirono a stroncare il movimento della Riforma in Italia, anche se non impedirono a molte persone toccate dal messaggio evangelico di contribuire in maniera notevole allo sviluppo dell'Europa. Furono infatti molte le personalità che dovettero rifugiarsi all'estero, per non perdere la vita, e che trovarono in altri Paesi il modo per contribuire alla crescita del movimento riformato a livello europeo. Una celebre incisione olandese del xvn secolo raffigura, attorno a un tavolo su cui si trova un candeliere, coloro che hanno contribuito alla Riforma del secolo precedente. Tale incisione è interessante non solo per i vari spunti che offre sui collegamenti tra i Riformatori, ma anche perché colloca, proprio a ridosso di Lutero e Calvino, Pietro Martire Vermigli e Girolamo Zanchi. In maniera plastica è suggerito quindi il contributo non indifferente dato dagli italiani alla causa riformata europea.
Certamente, il movimento di Riforma era stato preparato da tempo per mezzo di uomini come Pietro Valdo o di movimenti anche all'interno del Cattolicesimo, ma il XVI secolo segnò una svolta unica nella storia dell'Europa, e vale la pena accennare al contributo italiano. Il numero dei personaggi che possono essere associati alla Riforma e il materiale oggi a disposizione sono tali da rendere inimmaginabile una semplice rassegna nei limiti di un capitoletto; tuttavia, in linea con l'impostazione divulgativa di quest'opera, si cercherà di ricordare per sommi capi alcuni di questi personaggi.
Bernardino Ochino (1487-1564)
II predicatore cappuccino
Verso la fine del 1542, soltanto sei anni dopo l'adozione della Riforma a Ginevra, si poteva ascoltare la prima predicazione in lingua italiana a Ginevra. Chi era il predicatore? Bernardino Ochino. Egli era un francescano, diventato poi Generale dei Cappuccini, considerato da tutti un eccellente predicatore. Venuto in contatto con le idee della Riforma per mezzo del circolo di Juan de Valdés a Napoli (1536), Ochino cominciò a sottolineare con sempre maggiore insistenza il "beneficio di Cristo" nelle proprie predicazioni. Più tardi, scrivendo a Vittoria Colonna (1542), dichiarava di aver predicato "Christo mascarato in gergo". Ma una tale predicazione non poteva essere ignorata dall'Inquisizione, che cominciò a nutrire forti sospetti sul suo conto.
A 56 anni, Ochino fuggì dunque dall'Italia e fu accolto da Calvino a Ginevra, dove si occupò della chiesa italiana che si andava formando nella città. Calvino si rese conto che la predicazione di Ochino, accanto a inequivocabili affinità con il messaggio riformato (attribuibili anche all'impostazione francescana), comportava pure particolari sfumature, ma si mostrò aperto a tali diversità. Dopo tré anni di permanenza a Ginevra, Ochino cominciò un ministero itinerante che l'avrebbe portato a Basilea, ad Augusta, a Strasburgo, a Londra (1547-1553), in Polonia e in Moravia. Fu proprio in questa regione che egli morì in casa di un anabattista italiano.
"In conspecto di Dio adunque non vedo altre satisfactioni che quelle di Christo, ne altre indulgentie se no' quelle che per lui haviamo; et solamente in Christo vedo esser purgati li peccati de' suoi electi et pienissimamente... Credo anco et confesso che tutti li electi si salvano per Christo et per mera grana et non per alchuna opera loro: ne in tutto, ne imparte. Et credere cosi è l'unica fede per la quale li veri et boni christiani sonno differenti da tutte le altre false fedi, religioni et sette. Et in più credo et confesso questo essere l'unico et vero evangelio di Dio". Epistola di Bernardino Ochino alii molto magnifici Signori... di Siena, 1543.
Pier Paolo Vergerio (1498-1565)
"Vescovo di Cristo"
Nato a Capodistria, Vergerio si laureò in legge all'Università di Padova, dove ebbe per compagni Pietro Martire Vermigli, Marco Antonio Flaminio e Pietro Bembo. Iniziò un lungo itinerario di ricerca, che doveva portarlo ad abbracciare la fede riformata. Ciò non avvenne però in maniera spettacolare, come in altri casi, ma si andò precisando un po' alla volta, probabilmente anche a causa delle responsabilità che avevano portato Vergerio a diventare vescovo di Capodistria. Come ebbe egli stesso a ricordare, fu Cristo a guarire la sua cecità in modi diversi, e non è illecito pensare che la sua conversione sia avvenuta in maniera graduale. Dopo il suo incontro padovano con Francesco Spierà, di cui descrisse in seguito la dolorosa vicenda, Vergerio ruppe gli indugi e decise di prendere posizione in maniera decisa. L'alternativa era chiara: il martirio o l'esilio. Scelse quest'ultima. Nei suoi Trattatela cercò anche di giustificare tale scelta davanti ai suoi connazionali, ma certamente non si possono ignorare gli interessi politici della Repubblica veneziana, che contribuirono a relativizzare quelli religiosi.
Vergerio decise di stabilirsi nei Grigioni, nel sud della Svizzera. Da lì continuò la sua attività editoriale e la sua polemica antiromana. Con veemenza cercò di contribuire al rinnovamento della chiesa. Emblematica della sua azione di riformatore, fu una delle sue predicazioni contro l'idolatria a Casaccia sopra Vicosoprano. I suoi ascoltatori furono talmente colpiti dalla sua parola che distrussero e dispersero le statue e le reliquie che si trovavano in quella chiesa, perché essa fosse restituita all'autentico culto evangelico. Vergerio rimase una figura controversa, ma non certo insignificante. Sicuramente, non era più vescovo di Capodistria, bensì "vescovo di Cristo".
"Or quando prima io cominciai aprire questi occhi, e essere alla conditione di colui il quale non poteva discemere, ma giudicava che gli huomeni fussero arbori, mi puosi a scrivere alcune casette, et questo fu già tré o quattro anni. Quando poi cominciai a vedere un poco meglio che fu (per grazia di Dio) nell'anno passato quando hebbi alle spali le persecutioni de farisei... Et in fine le terze ho scritto dopo che è piaciuto al signore che fuggito dalle insidie et rabbie di coloro io mi son ritirato in questi luochi, e in queste fortezze, et rocche secare dove si è ridotto Christo col suo Evangelio". Dodici trattatelli, cc. A2r-A4r.